Sono in molti, da sponde diverse e distanti, dal capo della Bce ai sindacati, a paventare un allarme sociale. Lo stato di estrema difficoltà delle famiglie, la devastante precarietà, l’osceno livello della disoccupazione giovanile, il deprimente tasso di donne senza lavoro indubbiamente li aiutano nel ruolo di facili profeti. Se Mario Draghi parla di «rischio di proteste estreme», se Raffaele Bonanni avverte sui «rischi sociali se non si trovano i soldi per la cassa integrazione» è segno che siamo sul filo del rasoio.

Preoccuparsene è prova di buon senso, ma pensare di tenere sotto controllo la rabbia e la disperazione con misure di ordine pubblico è invece insensato, oltreché pericoloso. E il vertice di ieri tra il presidente del consiglio Letta e il suo vice Alfano, alias ministro dell’interno, insieme ai funzionari del Viminale, non sembra sfuggire alla facile scorciatoia di affrontare gli effetti della crisi con misure prefettizie.

I crudi numeri dicono che, ancora fino al 2014, avremo un aumento dei disoccupati. La previsione nasce dall’ultimo bollettino dell’Istat, l’istituto da cui proviene Enrico Giovannini, l’attuale ministro del lavoro, il politico che dovrebbe contrastare le fosche prospettive sfornate proprio dagli uffici che fino a ieri dirigeva. Il ministro dovrebbe spiegare quali misure vorrà mettere in campo visto che il suo presidente del consiglio ha giurato che il lavoro «è la priorità assoluta» delle larghe intese.

Ma quel che si intravede non rassicura affatto. Sembra di capire che l’idea di fondo consista nel modificare la legge Fornero per tornare alla flessibilità selvaggia, che pure la pessima riforma della ministra aveva tentato di alleviare, sollevandoci appena un gradino sopra la condizione del mercato del lavoro spagnolo, protagonista di una elevatissima frammentazione delle figure contrattuali che purtroppo non è servita ad allentare il morso di una disoccupazione a livelli record . E’ questa nuova ondata di precarietà la «priorità assoluta» del presidente del consiglio? E’ su questa linea (ammesso che ne abbia una) anche il Pd? Dobbiamo emigrare tutti in Germania?

Gli esperti sostengono che l’aumento della disoccupazione ancora nel 2014 si spiega con la necessità di riassorbire i cassintegrati (700 mila solo quelli in deroga) prima di poter fare nuove assunzioni. Occorrono soldi, molti e subito. La tentazione è di rastrellarli sempre dove mancano, persino in quei pochi milioni a disposizione per la formazione, ipotesi giustamente avversata dai sindacati (e le casse sono vuote anche per i contratti di solidarietà). La coperta è corta e sembra proprio che la stiano tirando, ancora una volta, dalla parte sbagliata. Quella sposata dalla Confindustria.

Le cronache raccontano che il presidente del consiglio radunerà i ministri per un week end in campagna. Per fare squadra, per concentrarsi sulle «politiche» da far prevalere sulla «politica». A giudicare dalla battaglia in corso sulle presidenze delle commissioni, sembra di capire che la politica si stia prendendo la rivincita proprio quando si fanno avanti le politiche, le solite, quelle che ci hanno portato fin qui, perché la scelta delle larghe intese non ha consenso, contraddice il risultato elettorale, ne mina la legittimità e dunque ne accentua la pericolosità.