Emergenza casa, occupazioni, legalità. Molte battaglie politiche in città si stanno giocando su questi temi. Le occupazioni a scopo abitativo, fenomeno tutto sommato marginale negli anni pre crisi, sono diventate anche in una città ricca come Bologna un tema centrale.

Merito dei movimenti per la casa, primo fra tutti il collettivo Social Log che ha letteralmente sbattuto in faccia all’amministrazione il problema degli sfratti e delle migliaia di persone non più in grado di pagare l’affitto perché senza lavoro. Dal 2013 Social log ha messo a segno una serie di occupazioni culminate con la riapertura della palazzina ex Telecom inutilizzata da anni proprio di fronte alla nuovissima sede del Comune di Bologna. Nel dicembre 2014 ,76 famiglie con più di 100 minori hanno preso possesso dell’edificio (di proprietà privata), lo hanno risistemato e in poco tempo creato una comunità capace di auto organizzarsi. E così la giunta è stata costretta a riconoscere pubblicamente la gravità del problema e a rimboccarsi le maniche.

Nonostante il divieto imposto dal piano casa approvato dal governo, il sindaco Merola ha disposto l’allaccio dell’acqua in due occupazioni, e per questo è stato indagato dall’attivissima magistratura bolognese. La vicenda si è conclusa con un’archiviazione, ma è costata al sindaco mesi di pressioni e scontri più o meno sotterranei con l’anima ultralegalitaria del suo partito, e parlando di Pd non si tratta di sparute minoranze.

L’assessore al welfare Amelia Frascaroli ha lavorato invece a una soluzione basata sul riutilizzo del patrimonio di Poste, Ferrovie, Inps e altri enti. Nessuno ha risposto ai numerosi appelli, e così decine di appartamenti continuano a restare inutilizzati in città. Con l’eccezione di una palazzina dell’Inail diventata il perno attorno a cui l’amministrazione sta provando a gestire l’emergenza casa. Sfrattati e sgomberati possono, col via libera dei servizi sociali, entrare in un programma di assistenza speciale di 24 mesi: due anni con un tetto sulla testa per provare a tornare autonomi.

Un progetto, quello di Frascaroli, che sta funzionando, ma che si scontra giorno dopo giorno con nuovi sfratti e con gli sgomberi della questura. Al di là di quello dell’ex Telecom, violento e portato a termine lo scorso ottobre da centinaia di agenti in assetto anti sommossa, l’ultimo in ordine di tempo è stato quello di una palazzina di proprietà dell’ospedale Sant’Orsola occupata, fino al 3 maggio scorso , da circa 50 persone organizzate dal sindacato Asia Usb. Dopo una giornata ad altissima tensione a base di proteste, manganellate e l’occupazione di una Chiesa, la situazione si è risolta con la mediazione dell’arcivescovo di Bologna Zuppi.

Se l’emergenza casa è stata affrontata dalla giunta con pragmatismo, anche a costo di scontrarsi a fasi alterne con chi nel Pd pretende coerenza con la linea ufficiale basata sul «rispetto delle regole», in altri contesti la questione delle occupazioni è stata risolta diversamente. E’ stato il caso del cassero di Porta Santo Stefano e dei collettivi di Atlantide, sgomberati per volere del sindaco dopo che una lunghissima trattativa aveva addirittura portato a un pre accordo di collaborazione con l’amministrazione. Ma le pressioni della destra e, anche qui, l’attivismo della magistratura hanno spinto il sindaco a chiudere brutalmente la questione. In un attimo la linea dell’assessore Alberto Ronchi, che aveva portato avanti la trattativa per conto del primo cittadino, è stata sconfessata.

E così la formula «la legalità è una questione complessa» è stata sostituita dal vecchio «rispetto delle regole», anche se la discussione su quali fossero esattamente le regole da applicare nel caso di Atlantide era rimasta aperta per anni.

Lo sgombero per i collettivi lgbt, queer, femministi e punk che da oltre un decennio animavano il cassero è arrivato all’alba del 9 ottobre 2015. L’assessore Ronchi è stato cacciato dalla giunta, la capogruppo di Sel Cathy La Torre è uscita dalla maggioranza assieme al consigliere comunale Mirco Pieralisi. Tutti e tre ora sostengono il progetto di Coalizione civica. Assieme a loro gli attivisti di Làbas, centro sociale che da tempo si è installato in un’ex caserma ora di proprietà di un fondo di investimenti di Cassa Depositi e prestiti. «Sono bravi ragazzi ma escano da lì, quel posto è destinato ad altro», ha detto il sindaco Merola.