Le milizie libiche della città di Zintan, fedeli al generale Haftar e quindi al governo «ribelle» di Tobruk, hanno messo a segno ieri un colpo gobbo: hanno arrestato – stando al sito Libya Herald – uno dei capi dell’Isis in fuga dalla città di Sirte.

L’uomo, 44enne originario di Tunisi, si chiama Moez Fezzani ed è un veterano della jihad, con una ragnatela di contatti nelle cellule qaediste e nei gruppi salafiti, una galassia che attraverso la sua storia appare come illuminata da un tracciato: addestratore di cecchini in Siria, pianificatore degli attentati nel suo paese, secondo le autorità tunisine che contro di lui hanno emesso venti mandati di cattura, e possibile reclutatore di jihadisti in Italia, dove pure Fezzani, anche detto Abu Nassin, aveva fatto perdere per un certo tempo le tracce, nel Varesotto.

Secondo quanto i servizi di sicurezza tunisini hanno ricostruito su di lui, e sui suoi link, Moez Fezzani ha iniziato a combattere in Bosnia, poi in Afghanistan, qui sarebbe stato catturato e imprigionato per sette anni nella prigione di Baghram. Da lì le tracce lo intercettano in Italia dove nel 2007 si lega a un ex prigioniero di Guantanamo, Riadh Nasri, insieme al quale – a quanto emerge adesso – organizza il supporto logistico a una cellula terroristica legata al «Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento», poi confluito in Al- Qaeda nel Maghreb islamico.

Accusato di terrorismo in Italia, poi scagionato e però espulso, prima tenta di nascondersi in Lombardia poi viene intercettato e rispedito in Tunisia dove sconta un periodo di detenzione nelle galere di Ben Ali. Esce per l’amnistia generale successiva alla caduta del dittatore tunisino con la rivoluzione dei Gelsomini nella primavera 2011.

A quel punto Fezzani si unisce prima a Ansar al-Sharia in Tunisia nel 2012 e l’anno dopo parte per la Siria, dove entra a far parte del Fronte al-Nusra e dove addestra «foreign fighters» all’uso delle armi di precisione.

Nel 2014 si sposta in Libia dove diventa il leader di «Katibat al-Battar», la brigata di combattenti stranieri, in gran parte tunisini, con base prima a Sabratha e poi a Sirte, città eletta capitale del fantomatico Califfato libico sotto le insegne nere dell’Isis.

È da Sirte, ancora in queste ore sconvolta da combattimenti tra gli ultimi miliziani dell’Isis nascosti nei quartieri residenziali del lungomare e le milizie di Misurata leali al premier del governo di Tripoli al Sarraj, che Moez Fezzan tenta di scappare verso la frontiera con la Tunisia.

Pare che i miliziani di Zintan lo abbiano catturato insieme ad altri venti combattenti dell’Isis sulla strada tra Riqdalin e Jamil, nell’entroterra del porto di Zuara, in un territorio a ridosso del confine tunisino tradizionalmente in mano alle bande di trafficanti di armi, droga, esseri umani.

I miliziani si sarebbero resi conto di aver per le mani «un pezzo grosso» solo dopo averlo catturato e aver ricostruito la sua identità confrontando le foto segnaletiche diffuse a febbraio dal ministero dell’Interno tunisino e lo avrebbero quindi trasferito nella prigione di Marj a est di Bengasi.

In Tunisia Fezzan è ricercato con diversi capi d’imputazione legati al terrorismo islamico, tra cui l’accusa di essere l’ideatore degli attentati al museo del Bardo e a Sousse e il coinvolgimento diretto all’attacco contro soldati e poliziotti a Ben Guerdane nel marzo scorso.

Non è invece per ora chiamato in causa per il sequestro dei quattro dipendenti della ditta di costruzioni italiana Bonatti nel luglio del 2015, finito con l’uccisione di due ostaggi – Fausto Piano e Salvatore Failla – e la liberazione degli altri due, Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, in un blitz delle milizie di Sabratha.