Sconfitto, abbandonato dai collaboratori più stretti. Azzoppato dalle urne, asserragliato nell’ufficio presidenziale che ha fatto spostare dalla Casa blu all’edificio del ministero della difesa. Yoon Suk-yeol è un leader solo. E silente, visto che ancora non ha parlato dopo la sonora sconfitta subita dal suo Partito del potere popolare alle elezioni legislative di mercoledì in Corea del sud. Il presidente conservatore ha fatto sapere che parlerà dopo il fine settimana. In quale forma, ancora non si sa.

Il voto era stato presentato come una sorta di rivincita tra Yoon e Lee Jae-myung, il leader del Partito democratico che era stato sconfitto di misura alle presidenziali del 2022. Non ci sono dubbi su chi sia stato il vincitore. Contando anche il neonato Partito della ricostruzione dell’ex ministro della giustizia Cho Kuk, l’opposizione ha conquistato 192 dei 300 seggi dell’Assemblea nazionale. Non abbastanza per raggiungere la maggioranza di due terzi necessaria ad avviare una procedura di impeachment contro Yoon, accusato dai progressisti di aver «tradito il popolo» per il veto presidenziale con cui ha negato una commissione d’inchiesta sulla strage di Itaewon del 29 ottobre 2022, quando ci furono 156 morti nella calca dei festeggiamenti di Halloween.

Ma la proporzione della sconfitta è più che sufficiente per bloccare l’agenda del presidente, mentre la sua squadra va in frantumi. Il leader del partito al governo, Han Dong-hoo, si è dimesso. Come lui il primo ministro Han Duck-soo, il capo di gabinetto Lee Kwan-sup e tutti gli alti segretari presidenziali. Resta da vedere se Yoon accetterà tutte le dimissioni, rischiando un pericoloso vuoto gestionale. Ma di certo il presidente è azzoppato per i restanti tre anni di mandato.

È stato anche lasciato solo al seggio da Kim Keon-hee, la first lady protagonista di uno scandalo: avrebbe accettato in regalo una costosa borsa di Dior da un pastore protestante. Non che Lee, noto come il “Bernie Sanders sudcoreano” per le posizioni radicali sulle politiche sociali, sia esente dai guai, visto che è indagato per corruzione. Ma dopo essere uscito indenne dall’accoltellamento subito a gennaio durante un comizio, il leader dell’opposizione ha il pallino in mano sull’agenda parlamentare.

Oltre alle ripercussioni interne, l’esito del voto può avere riflessi internazionali. Da quando è presidente, Yoon ha dato una svolta alla politica estera della Corea del sud: ha rafforzato in modo drastico l’alleanza militare con gli Stati uniti, dopo aver cantato American Pie alla Casa bianca.

Ha accantonato le pretese di risarcimento per gli abusi della colonizzazione, pur di ottenere il disgelo con Tokyo. Ha assunto una linea dura con la Corea del nord, uscendo anche dalla tradizionale area grigia sui rapporti con la Cina. Un pacchetto strategico contestato dall’opposizione, che chiede maggiore equidistanza tra Washington e Pechino, non smette di credere in una possibile riapertura del dialogo con Pyongyang e giudica una «umiliazione» il modo in cui sono stati riavviati i rapporti col Giappone.

Per dimenticare le sciagure interne, Yoon potrebbe proiettarsi con ancora maggiore decisione sulla scena internazionale. Proprio ieri sono state avviate imponenti esercitazioni aeree con gli Usa. Ma i democratici americani potrebbero mettere qualche ostacolo, per esempio sul dispiegamento del sistema americano antimissile Thaad. E la realtà non smette di mordere: medici di formazione e professori di medicina hanno ripreso una protesta che dura ormai da due mesi. Uno dei tanti rebus che il sempre più solo Yoon non sta riuscendo a risolvere.