La storica resa dei conti odierna tra le due principali correnti politiche basche, entrambe puntello indispensabile del governo Sánchez, potrebbe consegnare il primato agli indipendentisti di sinistra di Bildu, dati per la prima volta davanti agli autonomisti del Partito Nazionalista (Pnv).

La coalizione indipendentista di centrosinistra formata nel 2012 da Sortu, nato dalla rifondazione di Batasuna dopo la cessazione delle azioni dell’Eta, sente il vento in poppa. Venerdì il giovane candidato a lehendakari (presidente della regione) Pello Otxandiano ha ribadito a una folla euforica che «il momento è adesso». I sondaggi indicano un’ascesa della sinistra indipendentista e un arretramento del centrodestra basco: Bildu potrebbe ottenere il 35% e 29-30 seggi sui 75 totali, mentre il Pnv, al governo della regione quasi ininterrottamente dalla fine del franchismo, si fermerebbe a 27-28.

I socialisti e i popolari, che hanno chiuso le loro campagne alla presenza dei leader nazionali Sánchez e Núñez Feijóo, dovrebbero confermare il loro capitale elettorale – 10 seggi il Pse e 6 il Pp – e sperano che un miglioramento, anche di misura, possa fornir loro gli argomenti per rivendicare una tendenza al rialzo a livello statale. L’estrema destra di Vox – il cui leader, Santiago Abascal, è di origini basche – punta a tenere l’unico seggio conquistato nel 2020 e allo scopo ha condotto una campagna elettorale monotematica incentrata sulle invettive contro gli immigrati, associati ossessivamente a degrado e criminalità.

EH BILDU aspira a capitalizzare lo scontento nei confronti del “modello Pnv”. Negli ultimi anni la “balena bianca” basca ha accentuato il suo profilo conservatore e liberista e consolidato un’estesa rete clientelare che sfrutta il suo strapotere nelle istituzioni locali per favorire gli interessi di cordate imprenditoriali amiche. L’oliato sistema sembra però essere entrato in crisi: mentre si moltiplicano le inchieste per corruzione ai danni di esponenti nazionalisti ed imprenditori, la sanità pubblica regionale è allo sfascio per i tagli ai finanziamenti e la precarizzazione del personale. Otxandiano ha poi battuto sul tasto dolente dell’accesso alla casa, in una regione in cui boom turistico e speculazione hanno portato i prezzi alle stelle.

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A Bildu dovrebbe arrivare anche una quota consistente dei voti in fuga dalle sinistre federaliste che si presentano al voto divise e in competizione; Sumar e Podemos rischiano di restare fuori dall’assemblea di Gasteiz dove insieme, nel 2020, avevano conquistato 6 seggi.

BILDU HA RINNOVATO la sua dirigenza, rafforzato il suo profilo di “forza responsabile”, cooptato vari ex dirigenti di partiti di centrosinistra e sinistra da sempre nemici del “movimento di liberazione” e messo in secondo piano le rivendicazioni indipendentiste a favore di quelle sociali. Difficilmente la polemica scatenata dai socialisti contro Otxandiano, colpevole di aver definito l’Eta un’organizzazione armata e non terrorista, potrà intaccare più di tanto la credibilità della sua coalizione come forza di governo trasversale.

Ma se pure giungesse in testa, difficilmente Bildu potrà governare. La sua proposta di una “coalizione di progresso” con i socialisti ed eventuali eletti di Sumar o Podemos non convince il Partito Socialista Basco, propenso a rinnovare il patto con il Pnv che negli ultimi giorni, nel tentativo di convincere gli indecisi, si è lanciato in un capillare porta a porta. Non a caso Arnaldo Otegi, leader storico della sinistra indipendentista, ha aperto anche ad una collaborazione proprio con i nazionalisti.