Nuovi gruppi parlamentari, un grande evento per annunciare il big bang della sinistra italiana, scommettendo su una battuta d’arresto del Pd di Renzi alle regionali; e sulle scosse che, politicamente parlando, agiteranno il nuovo passaggio della riforma costituzionale al senato, probabilmente a partire da metà giugno. In quella landa abbandonata che ancora non ha un nome certo («sinistra»?, «cosa rossa»?, «casa comune della sinistra e dei democratici»?, queste le definizioni in circolazione in questo momento), qualcosa stavolta si muove davvero.

Dopo l’addio definitivo di Pippo Civati al Pd, comincia a definirsi qualcosa che assomiglia a una road map. A venire a galla un lavorìo iniziato da tempo. Qualche riunione molto molto riservata nella sede di Sel nelle ultime ore. Altre ne seguiranno. Nichi Vendola dalle colonne di Repubblica invita ex Pd ed ex 5 Stelle di sinistra a unire le forze in parlamento. «Siamo pronti a costituire gruppi nuovi sia alla camera che al senato. Partiamo con chi ci sta», «il nostro progetto politico non è la conservazione di un piccolo partito, vogliamo creare una grande sinistra innovativa». La proposta non preoccupa il Pd, per ammissione fuori dai denti del vice di Renzi Lorenzo Guerini; né preoccupa Beppe Grillo che ieri ha definito i dissidenti Pd «mezze calze».
Per ora Civati non raccoglie l’invito di Sel a Montecitorio, siederà nel gruppo misto. Quanto al senato, ieri il deputato è stato avvistato proprio a palazzo Madama in conclave con sei ex grillini (Fabrizio Bocchino, Francesco Campanella, Monica Casaletto, Paola De Pin, Francesco Molinari e Bartolomeo Pepe) che alla fine della riunione hanno fatto appello a chi nel Pd «è ancora sensibile alla forte domanda d’integrazione sociale che viene dai cittadini». L’idea per ora è di provare a costituire un nuovo gruppo al senato: attenzione, non con i sette senatori di Sel, ma con (eventuali) nuovi fuggitivi dal Pd. Lì i civatiani in teoria ci sarebbero (Corradino Mineo, Lucrezia Ricchiuti, Sergio Lo Giudice, Nerina Dirindin, Walter Tocci e Felice Casson), ma per ora nessuno avrebbe intenzione di mollare gli ormeggi. Mineo anzi parla dell’«abbandono della trincea del Pd» come di «una diserzione». E nei giorni scorsi, in una riunione, i 24 senatori dem dissidenti, bersaniani e non, avrebbero stretto un patto di unità d’azione sulle riforme costituzionali, quando arriveranno in aula.
Proprio quelli però sarebbero, nell’idea di alcuni, i giorni giusti per lanciare la nuova «cosa» di sinistra. Scommettendo di aver portato a casa, prima, un risultato deludente del Pd di Renzi alle regionali.
In questa tornata la «nuova sinistra» si presenta unita in Liguria, Toscana, Marche e Campania (in Umbria Sel corre con il Pd, l’Altra Umbria e Prc sostengono Michele Vecchietti, in Veneto Sel e Rifondazione sono schierate con la democratica Alessandra Moretti e invece l’Altro Veneto corre solo con Lucia Coletti). Ma è in Liguria che la futuribile forza politica gioca il suo jolly: lì il candidato presidente anti Pd, Luca Pastorino, è un civatiano che ha preceduto Civati nell’uscita dal Pd. E ha fra i suoi grandi elettori Sergio Cofferati, campione di voti alle ultime europee. Anche in Campania Pasquale Vozza, a lungo uomo vicino a Bassolino, potrebbe dare qualche soddisfazione: quella di intercettare i voti degli elettori Pd in fuga dalle invotabili liste a sostegno di Antonio De Luca.
Per saperlo, deve passare il mese di maggio. Nell’attesa, intanto l’attenzione si deve spostare su qualche movimento nelle città. Dove l’obiettivo è la nascita di ’costituenti’ locali della nuova forza politica. «Noi siamo pronti», spiega Massimigliano Smeriglio, coordinatore di Sel e vicegovernatore del Lazio. «Non vogliamo riunire i resistenti, ma sfidare Renzi sul terreno dell’innovazione», spiega.
Ma questo, appunto, dipende molto da quello che succede nei fatidici «territori». Per ora non molto, ma è ancora presto. I due consiglieri comunali milanesi di area civatiana ieri hanno comunicato che resteranno nel partito, così come altri amministratori e dirigenti sparsi per il paese che hanno fatto le primarie a fianco del giovane deputato. «Mai rassegnarsi, né soli né in compagnia, meglio ribellarsi, da soli o in compagnia. Poi ci si ritrova», twitta però Fabrizio Barca, che a sua volta di Civati è stato sostenitore e che ora a Roma collabora con il commissario del pd Matteo Orfini.
Quello di Roma, in effetti, è un capitolo a parte. Il tormento politico dell’ex ministro Stefano Fassina, peraltro fin qui molto vicino al popolare governatore del Lazio Nicola Zingaretti, potrebbe avere qualche contraccolpo più sostanzioso nella base dei militanti (alle parlamentarie del 2012 fu il più votato). Il deputato ora assicura di non pensare ad uscire dal Pd ma «di essere concentrato a provare a cambiare il ddl scuola». E cioè un altro dei provvedimenti che conterà, e molto, nell’umore della base Pd.