«Non sono contro Tsipras, però credo che l’accordo con i creditori non abbia alcuna possibilità di essere applicato ed è possibile che alla fine, nonostante tutto, non vedremo neppure i soldi promessi. Per questo, dopo averci pensato a lungo, ho detto no».

Tonia Tsitsovic ieri mattina ha firmato, con altre 108 persone (sulle 201 del parlamentino di Syriza), il documento con il quale il comitato centrale del partito si è opposto al nuovo Memorandum, proprio mentre in Parlamento cominciava la discussione sulle prime quattro riforme da approvare in fretta e furia. Tsitsovic (vecchia conoscenza del manifesto, anche come traduttrice e interprete) appartiene al cosiddetto “gruppo dei 53”, sostenitori di Alexis Tsipras sia pur da posizioni leggermente critiche (le loro battaglie si sono incentrate spesso sulla democrazia interna del partito di maggioranza). Ieri, come numerosi altri esponenti della maggioranza di Syriza (tra i dissenzienti si annovera pure il segretario Tasos Koronakis), si è dissociata dal suo primo ministro.

«Sono stata molto incerta sul dire sì o no, però alla fine non ce l’ho fatta a dare ragione al governo. Sono sempre stata europeista, non ho condiviso chi pensava che fosse meglio tornare alla dracma, ho condiviso quasi tutte le scelte di Tsipras, compresa l’ultima proposta presentata dopo il referendum, perché sostenevo che poteva essere un arretramento provvisorio per fare un passo avanti in futuro. Però ora mi sto rendendo conto che ci stanno spingendo fuori. Allora è meglio rompere una volta per tutte», motiva così la sua decisione.

Manca però un reale piano B. Tsipras ha chiesto a chi abbia un’ipotesi alternativa di tirarla fuori.

Mi ricorda la stessa obiezione che l’opposizione faceva a Syriza prima delle elezioni: come manterrete le promesse che state facendo? Dove troverete i soldi? Noi diciamo semplicemente che non vogliamo che l’accordo venga applicato, non siamo contro il nostro governo. Visto che in Europa sono decisi a farci fuori, chiediamo che mostri un po’ d’orgoglio. Questo Memorandum è troppo pesante da accettare.

È proprio convinta che vogliano buttarvi fuori?

Se Schauble ci invita ancora oggi a emettere dei pagherò in attesa dei tempi lunghi del prestito, vuol dire che ci sta spingendo verso l’uscita dall’euro. I parlamenti di alcuni paesi ci sono ostili e potrebbero votare contro gli aiuti. A quel punto cosa succederebbe? Rischiamo che, nonostante abbiamo approvato le riforme, alla fine non ci daranno neppure i soldi promessi. Su tutto questo non è possibile che Syriza non dica nulla.

In realtà si parla fin troppo. Al punto che il segretario Koronakis ha fatto appello a evitare il «cannibalismo».

Proprio per questo il partito non può non prendere posizione. I nostri iscritti sono confusi, chiamano per sapere come comportarsi. Bisogna cercare di mantenere l’unità, non è possibile che in una situazione così grave non ci si riunisca e ognuno dica la sua. In ogni modo, il nostro non è un documento polemico: chiediamo semplicemente che in tutto ciò che sta accadendo Syriza, come partito di maggioranza, abbia un ruolo.

Tsipras è andato in televisione a difendere l’accordo. Tutt’altra storia rispetto ad appena una settimana fa.

Lo capisco, era palesemente in difficoltà e sembrava in grande imbarazzo. Ha dovuto usare gli argomenti dell’opposizione, non si è visto il ragionamento di un leader di sinistra.

Chiedete le dimissioni del governo?

No. Tsipras ha subito quel che sappiamo e forse ha fatto qualche errore, però noi non siamo contro nessuno. Ognuno ha la propria coscienza e risponderà a quella. Il governo si prenderà le sue responsabilità.