La barbarie non dà tregua alla Libia. Nelle ultime ore si sono affollate dichiarazioni di sdegno per l’esecuzione di 14 persone a Bengasi: i loro corpi sono stati trovati in una discarica di rifiuti domestici. Non sono stati ancora identificati, per ora si sa solo che portano i segni evidenti delle torture. È stata immediatamente aperta un’inchiesta.

«Scioccato e costernato per l’esecuzione sommaria di un gruppo di persone a Bengasi. È un crimine di guerra, chiedo indagini immediate», ha commentato l’inviato delle Nazioni Unite in Libia Martin Kobler.

Mentre infuriano i raid aerei del generale Haftar su Derna (tanto che Kobler ha chiesto corridoi umanitari) e si combatte a Sirte, sempre a Bengasi nei giorni scorsi il ministro della Difesa del governo di unità nazionale di Sarraj, il colonnello El Barghathi, è scampato ad un attentato. Ma la notizia destinata ad accendere le tensioni è l’uccisione di tre militari francesi «in missione in Libia», secondo il ministro della Difesa di Parigi.

Una missione «segreta» anche al malcerto esecutivo di unità nazionale di Sarraj che ha espresso «il proprio profondo malcontento» per la presenza di agenti segreti «a sua insaputa», in un comunicato che fa implicito riferimento all’abbattimento di un elicottero da parte di milizie islamiche attive a Bengasi, in cui sono morti i tre militari francesi.

Proprio la presenza occulta francese ha portato in piazza per due giorni di fila, giovedì e venerdì, manifestanti in numerose città dell’ovest libico, da Zuwara a Misurata, da Sabratha a Sabha: sono state bruciate bandiere francesi, in un clima di rabbia per il ruolo attivo che a Bengasi avrebbero gli uomini al comando del presidente Hollande.

Una rabbia che si è indirizzata verso il più generale interventismo occidentale e verso il governo di unità nazionale: a Tripoli centinaia di manifestanti si sono diretti verso il quartier generale della Marina, la base di Abu Sittah dove fino a dieci giorni fa si trovava il primo ministro, e sono entrati prima di essere ricacciati indietro dalle guardie governative.

Alle proteste di piazza si aggiungono gli appelli delle milizie armate: mobilitazione contro tutte le truppe straniere su territorio libico è la richiesta del Consiglio della Shura dei rivoluzionari di Bengasi, composizione islamista rivale dell’esercito (ora governativo) guidato dal generale Haftar. Perché, sebbene i governi occidentali presenti in Libia parlino di presenza minima di truppe, è da tempo che circolano voci sulla partecipazione attiva delle unità straniere (francesi, britanniche e statunitensi, ma ora si parla anche di russi) in azioni militari contro lo Stato Islamico a nord est.

Ieri a ribadirlo è stato il comandante dell’aviazione libica Saqr Geroushi, secondo il quale però le truppe straniere sono nel paese per condurre un mero monitoraggio dello Stato Islamico. Una dichiarazione che si scontra con quelle dello stesso Sarraj che in passato ha più volte denunciato il coinvolgimento straniero definendolo una violazione della sovranità libica.