A un mese dal voto, le elezioni americane sbandano verso un’epilogo da reality show e un nuovo coro di indignazione chiede il ritiro di Donald Trump. Le rivelazioni che minacciano di far deragliare la sua campagna arrivano sotto forma di un video in cui un microfono acceso registra i suoi apprezzamenti pesantemente volgari su alcune donne. La clip è stata segnalata al Washington Post e, nel quarantennale di Tutti gli Uomini del Presidente, pubblicata dal quotidiano che provocò la caduta di Nixon con le rivelazioni su Watergate.
Il video riporta una conversazione del 2005 in cui Trump afferma di una conduttrice televisiva «… come no, ci ho provato, altroché… La volevo scopare ma era sposata… ci ho provato come una cagna ma non è andata, era sposata. Poi la rivedo e si è tutta rifatta con le tettone finte…». Qualche minuto dopo Trump  passa a valutare un’altra donna, attrice di telenovela, definita «bona da scottare». «Meglio che mi preparo le Tic Tac, nel caso la dovessi baciare» dice il candidato repubblicano alla Casa bianca. «Se sono belle sono attratto in automatico, comincio subito  baciarle. È come una calamita, non aspetto nemmeno.  E se sei una celebrità  te lo fanno fare, puoi fare tutto… afferrarle per la fica…» L’interlocutore «complice» di Trump nel video è Billy Bush, conduttore televisivo e nipote di George Bush padre e cugino primo di George e Jeb Bush. Ironicamente potrebbe essere il più sconosciuto della dinastia «nemica» sconfitta da Trump ad avergli fatto lo sgambetto fatale.
Le affermazioni subito diventate memi virali in rete, riportano in presa diretta l’aspetto più berlusconiano di Trump. Un dialogo pecoreccio da camerata militare («solo battute private da spogliatoio», si è in seguito giustificato lo stesso candidato) che rinforzano la sua immagine di misogino recidivo, interprete di pubbliche diatribe con personalità femminili (dalla comica Rosie O’Donnell alla anchor Megyn Kelly all’ex miss universo Alicia Machado).

La levata di scudi è stata senza precedenti, pur nell’accidentato percorso trumpiano. Non si tratta di indignazione esclusivamente femminile e femminista. Il documento dopotutto più che boria patriarcale evidenzia una mascolinità da gita delle medie e la concezione di potere di un seduttore da televendite. Nelle ore successive alla pubblicazione si sono susseguite condanne e dissociazioni comprese quelle di illustri repubblicani come Mitt Romney, John Kasich, Jeb Bush e Paul Ryan, lo speaker del  gruppo Gop alla camera che si è  rifiutato di apparire sullo stesso palco ad comizio congiunto in programma per oggi. La gravità della situazione è stata evidentemente percepita anche dalla stessa campagna: Trump ha rilasciato un inconsueto video di scuse – palesemente insincere e condite di contro accuse («sul campo da golf Bill Clinton mi ha detto roba molto peggiore! Se qualcuno si è offeso mi spiace») che non hanno migliorato la situazione.

Potrebbe essere questa infine – più che le rivelazioni sulle tasse evase –  la october surprise da molti anticipata. Oltre che per la «sostanza», per il kitsch dell’estetica trumpiana così bene riassunto da un video surreale per valori di produzione da making of del telerotocalco Access Hollywood. Mentre è vero che molti dei suoi supporter archivieranno la faccenda come una congiura del sistema contro il paladino del popolo, non sembra concretizzarsi per ora  la dinamica «italiana» che nella cafonaggine rileva innocua simpatia, e semmai inedita schiettezza di fronte all’ipocrisia politicamente corretta e al pavido moralismo.
Il tempismo poi, alla vigilia del secondo dibattito presidenziale che si svolgerà stasera (alle tre di notte ora italiana) all’università di St. Louis è particolarmente sconveniente per Trump che dovrà tornare a giustificarsi in diretta.  La sequenza degli eventi è a dir poco ideale invece per Hillary che emesso il tweet di prammatica («Orrore. Come potemmo mai eleggere presidente un uomo simile») ha sicuramente festeggiato lo scoop che ha oscurato quella che doveva essere la surprise di segno opposto. Nello stesso giorno del video di Trump, Wikileaks ha infatti reso pubblici estratti di discorsi da lei tenuti (a fronte di di lauti compensi) presso grandi banche di Wall street, discorsi  che Hillary ha sempre rifiutato di pubblicare.

Il dossier Wikileaks contiene una comunicazione interna hackerata dal server di John Podesta, il manager della campagna Hillary, in cui lo staff analizza le affermazioni ritenute potenzialmente più dannose. Alcune di queste la dipingono come liberista incallita confermando i rapporti di casta da lei intrattenuti con colossi come Goldman Sachs e Deutshe Bank (che hanno ricambiato con generosi finanziamenti). Altri rivelano il suo sostegno (poi rinnegato) per i grandi trattati di libero commercio o per l’oleodotto Kesytone. Altre ancora sembrano delineare posizioni  di «estrema sinistra» come la sanità pubblica per tutti e l’abolizione dei confini per persone e capitali nell’emisfero. Ognuna potenzialmente preziosa per gli avversari, in una campagna politica che si trova invece in balia dell’ultimo banale colpo di scena post-politico, alimentata da leaks, video segreti e fonti anonime. Una campagna in cui la caduta di un demagogo autoritario razzista e misogino potrebbe essere affidata ad un video scurrile piuttosto che ad argomentazioni politiche.