Il rito degli endorsement importanti non si ferma. Con la notte del dibattito appena alle spalle – ma troppo tardi per noi – chi appoggia chi è ancora più visibile. Se Trump ha da poco incassato l’adesione dell’arcinemico Ted Cruz, Clinton ha portato a casa quella di Bush sr (e quindi probabilmente di tutti i Bush) e il sostegno di due dei maggiori quotidiani nazionali, il New York Times ed il Los Angeles Times.

La stampa sin dagli inizi si è schierata contro Trump (eccezion fatta per il New York Post, che già durante le primarie aveva dato il proprio appoggio al tycoon newyorchese), anche visto il disprezzo aggressivo con cui The Donald vi si rivolge. È ormai famosa la caricatura crudele di Trump del giornalista disabile, o la definizione di «gente orribile» con cui ha bollato tutti i giornalisti mainstream.

Riguardo gli schieramenti dei due quotidiani, la campagna di Trump ha mostrato nuovamente il dente avvelenato. «La notizia che l’ultra-liberal, elitaria e depistata redazione del New York Times ha approvato un’ultra-liberal, elitaria e depistata candidata come Hillary Clinton, deve essere una delle notizie meno sorprendenti di sempre», ha dichiarato il consulente della comunicazione della campagna Trump, Jason Miller. Lo stessp Miller ha anche definito il comitato di redazione del Times la «rappresentazione stessa di quel sistema corrotto contro il quale Donald Trump si scaglia».

Di certo, gli endorsement del New York e del Los Angeles Times sono stati meno sofferti di quello di Cruz, che poco dopo aver dato il proprio endorsement ha definito «straziante» la decisione di sostenere, infine, Donald Trump come candidato presidenziale repubblicano. Il senatore del Texas ha anche ammesso di aver sofferto più di ogni altra cosa l’umiliazione per non aver ricevuto nessuna scusa da parte del suo ex nemico. Durante un comizio ad Austin, nel suo Stato del Texas dove Trump e Clinton sono testa a testa, Cruz ha detto di aver parlato con Trump al telefono per comunicargli la propria decisione di appoggiarlo, e che il suo ex avversario non si è preoccupato di scusarsi per i suoi commenti taglienti sulla moglie e il padre di Cruz fatti durante le primarie, quando Trump aveva attaccato Heidi Cruz in quanto non abbastanza attraente, mentre Cruz sr era stato accusato di aver collaborato niente di meno che all’omicidio di Kennedy. «La mia religione mi ha insegnato il perdono – si è giustificato Cruz con i propri sostenitori – anche in mancanza di scuse dalla controparte».

Intanto non solo i due candidati, ma anche i loro rispettivi vice raccolgono consensi, come nel caso di Kaine, vice di Hillary, che ha personalmente ottenuto appoggi da molti latinos. Kaine che parla perfettamente spagnolo, si appella in ogni comizio direttamente alla comunità e molto del sostegno ispanico ai democratici lo sta portando proprio lui, presenza tranquillizzante e linguisticamente vicina, più che l’algida ex Fist Lady.

Indirettamente a favore della candidata democratica, che ha fatto della continuità con l’attuale amministrazione un suo cavallo di battaglia, la notizia, arrivata lunedì, che, stando al Census Bureau, quest’ anno 3,5 milioni di americani sono riusciti ad uscire dalla fascia di povertà.

A più di sette anni dalla recessione, i datori di lavoro americani sono stati in grado (anche ob torto collo) di creare più posti di lavoro, soprattutto tra dettaglianti, ristoranti ed alberghi, pagando salari più alti per attirare i lavoratori e soddisfare i nuovi requisiti minimi salariali imposti da Obama e sostenuti da molti governatori democratici.